Open Access

Con il termine Open Access si intende l’accesso aperto alle produzioni intellettuali dei ricercatori e degli studiosi di tutto il mondo.

Si tratta di un movimento che incoraggia scienziati, ricercatori e studiosi a disseminare i propri lavori di ricerca rendendoli liberamente accessibili alle altre comunità di ricerca, e che si configura quindi come un insieme di iniziative internazionali con al centro gli scienziati e i bibliotecari coalizzati assieme, una strategia per fronteggiare i prezzi – sempre più alti – di abbonamento alle riviste, costi che influenzano in modo negativo il fattore di impatto entro le comunità scientifiche, e per riappropriarsi dei diritti di proprietà intellettuale degli autori che nelle prassi editoriali  finiscono invece gratuitamente nelle mani degli editori i quali, invocando la legge sul copyright, non consentono la riproduzione o il riutilizzo dei contenuti.

Lo scopo dell’Open Access è rimuovere ogni barriera economica, legale o tecnica all’accesso dell’informazione scientifica, ciò al fine di garantire il progresso scientifico e tecnologico a beneficio di tutta la collettività.

Il movimento è supportato dalla Open Archive Initiative (OAI), che mira a pubblicizzare la fruibilità degli archivi contenenti documenti accademici e la produzione e autopubblicazione in ambito scientifico e universitario.

L’intento dell’iniziativa è dunque la promozione di strumenti semplici per consentire di ricercare e creare servizi che, a costi non troppo elevati, rendano utilizzabili tutti i contenuti dell’attività di ricerca degli atenei.

Il progetto ha avuto inizio con un convegno di esperti e studiosi tenutosi a Santa Fe 1999 e ha sviluppato un modello di pubblicazione incentrato su due livelli: archivi di oggetti digitali curati da data provider, responsabili del loro mantenimento e della generazione dei metadati che li caratterizzano, e service provider, che gestiscono i servizi a valore aggiunto per l’aggregazione e l’indicizzazione dei metadati (ricerca, scoperta, localizzazione degli oggetti digitali) e interrogano gli archivi dei data provider usando le richieste del protocollo OAI per catturarne i metadati.

L’OAI è dunque un modello cooperativo, economico, tecnologico e giuridico, che conserva il copyright  e consente, per ogni documento, di inserire delle clausole che evitino il plagio, la manipolazione e la pirateria; assicura la qualità dei metadati diffusi perché regolati da professionisti dell’informazione e favorisce la creazione di servizi di valore aggiunto.

È inoltre uno degli approcci più convenienti per la realizzazione della biblioteca digitale, favorendo l’integrazione delle risorse nel contesto accademico e lo sviluppo di portali tematici e istituzionali.

Nel luglio del 2005 è stata varata la Dichiarazione di Berlino, cui hanno aderito oltre settanta atenei e tutte le principali istituzioni accademiche e scientifiche europee, comprese la Max-Planck Society e il CNRS francese, sottoscrivendo il loro impegno a favore del movimento dell’Open Access.

Un esempio di Open Archive italiano è il FedOA (Università degli Studi di Napoli Federico II Open Archive).

 

Sull’argomento v. in particolare i lavori di Antonella De Robbio:

  • De Robbio A., Workshop on the open archives initiative (OAI) and peer review journals in Europe
    in AIB Notizie, 13 (2001) 5, pp. 14-15.
  • Id., Open Archives Initiative (OAI) in Europa: Workshop al CERN di Ginevra, in Biblioteche Oggi (maggio 2001), pp. 66-69.