Cartulario

La datata denominazione diplomatica di «Kopialbücher» – semplici raccolte di copie di atti costruite per iniziativa e vantaggio di una persona fisica o morale – si ritrova in C. Paoli, Diplomatica, che li descrive come prodotto composto «per utilità del destinatario», generalmente riferito a fatti già compiuti, intendendoli quindi come contenitori di attestazioni a testimonianza dei diritti acquisiti tramite privilegi, atti di compravendita, permuta e donazione, al fine di tutelare il patrimonio immobiliare e riflettere un’attività amministrativa e finanziaria.

Ma a ben guardare, l’elemento differenziale tra i cartulari e i copialettere è la motivazione redazionale: i copialettere rappresentano infatti un lavoro di cancelleria, in quanto emanano dalla volontà dell’autore dei documenti e si riferiscono ad affari in corso; possono generalmente essere rinvenuti negli archivi di famiglie detentrici di diritti signorili, mentre i cartulari sono invece un lavoro d’archivio, spesso temporalmente molto lontano dall’effettiva stesura o ricezione dei documenti.

Inclina invece ad assimilare i copialettere ai cartulari P. Savy.

Queste definizioni lasciano in ombra il carattere spesso composito della fonte, nonchè la sua vocazione di documento in sé stesso il cui valore differisce dalla somma degli interessi particolari di ogni documento trascritto.

Permane tuttavia una atavica incertezza terminologica, riscontrabile anche nei vari nomi attribuiti in epoca medievale a questo genere di raccolte - tra le denominazioni più note ad esempio: liber o registrum  instrumentorum, iurium, privilegiorum, comunis, pactorum, cartularium, instrumentarium, liber rubeus, viridis, crucis, registrum magnum, vetus, antiquum - e avvallata dalla manualistica, che non vi ha finora riservato descrizioni esaustive.

Stupisce ad esempio l’assenza di una voce specifica sia nel Repertorium Fontium Historiae Medii Aevii del Potthast, (Repertorium fontium historiae Medii Aevi, primum ab Augusto Potthast digestum, nunc cura Collegii historicorum e pluribus nationibus emendatum et auctum, 12 voll., a cura dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dell'arte di Roma, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo 1962-1963), sia nell’altrettanto nota collana delle Typologie des sources du Moyen Age Occidental edita da Brepols dal 1962.

 

La tipologia diplomatistica cui afferiscono i libri privilegiorum non appare ancora oggi pienamente precisata nei suoi caratteri formali e contenutistici: seppure spesso definiti dai contemporanei come registri, non si può farli rientrare propriamente nella categoria, perché non contengono solo la documentazione prodotta dall’ente, né tantomeno in quella dei cartulari-copiari, perché non tramandano esclusivamente documenti di cui l’ente è il destinatario.

Nella sostanza tuttavia, possono essere intesi come libri fruibili a testo unico e autosufficiente, il cui intento è riprodurre artificialmente il cuore diplomatico di un archivio: sottesi ad un’ottica mirante ad attestare, attraverso la raccolta di atti, i possessi e diritti di un’ente su uno specifico territorio, sono tecnicamente i gemelli – sul piano documentario – delle margaritae, cioè di quelle opere a carattere antologico composte dalla selezione tematica dei migliori brani rintracciabili su un determinato soggetto.

In questo senso il cartulario è stato definito da Valenti come un «archivio-thesaurus», risultato di una deliberata selezione di titoli giuridici e documenti per lo più estrapolati dall’archivio-sedimento, la cui finalità risiede soprattutto nella conservazione dei titoli attestanti privilegi, diritti territoriali, giurisdizioni e patrimoni.

Al di là dell'atavica incertezza terminologica, avvallata da una manualistica che non vi ha finora riservato descrizioni esaustive, numerose differenze sussistono tra questi materiali: di strutturazione e di condizionatura, di diluizione o stratificazione nel tempo, di date e di procedura seguita nelle rispettive compilazioni, per poi non dire della ovvia individualità dei singoli documenti contenuti in ciascuno di essi.

 

  • Fissore G.G., L’edizione dei libri iurium genovesi: una riflessione, in Nuova Rivista Storica, 77 (1993), pp. 437-444:444.
  • Gentile M., Terra e poteri. Parma e il parmense nel ducato visconteo all’inizio del Quattrocento, Milano, Unicopli 2001.
  • Guyotjeannin O., s.v. Cartulario, in Dizionario enciclopedico del medioevo, a cura di A. Vauchez, ed.it. a cura di C. Leonardi, 3 voll., I. A-E,  Roma, Città Nuova 1998, pp. 343-344.
  • Paoli C., Diplomatica, nuova ed. aggiornata da G. C. Bascapè, rist. anast. dell’ed. 1942, Firenze, Le lettere 1987, p. 278.
  • Savy P., La famiglia Dal Verme fra Trecento e Quattrocento. I suoi documenti, i suoi archivi, in Società e Storia, 26 (2003) 102, pp. 823-847.
  • Toubert P., Il medievista e il problema delle fonti, in Id., Dalla terra ai castelli. Paesaggio, agricoltura e poteri nell’Italia medievale, a cura di G. Sergi, Torino 1995, pp. 3-19:7.
  • Valenti F., Riflessioni sulla natura e struttura degli archivi, in Rassegna degli Archivi di Stato, 41 (1981) 1-2-3, pp. 9-37.
     

Il Liber Privilegiorum di Santa Maria Nuova

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