Iati, castellum

Varianti

Castrum Iati

Identificazione

Castello di Iato

Ubicazione

Monte Jato, tra i comuni di San Cipirello e San Giuseppe Iato, Pa: IGM, s. 25/V, S. Cipirello, f. 258, sez. IV-NE. Il Monte Iato (m. 852) si erge a circa trenta chilometri a sud-ovest di Palermo: Ultima propaggine della catena di montagne che separava la Conca d’Oro dall’interno dell’isola, domina la valle del fiume Jato che sfocia nel golfo di Castellammare.

Notizie

Una tegola incisa

Il primo insediamento su Monte Jato, da cui si dominava la valle sottostante e la vasta area ai piedi della Rocca Busambra, sorse intorno al primo millennio a.C., ma il suo nome non è tramandato in modo univoco.

I cittadini dell'insediamento venivano chiamati IAITINOI in greco, IETENSES in latino: non può essere scartata l'ipotesi che la radice del nome, per la quale non esiste spiegazione soddisfacente in greco, sia di origine indigena. Il nome della città compare su tegole e su una serie di monete che, uniti ad un passo dello scrittore romano Silio Italico, restituirebbero IETAS in latino e IAITAS in greco.

Pare che nel IV sec. a.C., nell’ambito di una ripresa economica e urbanistica avviata da Timoleonte in Sicilia, la città venisse riscostruita e dotata di nuovi edifici: a quest'epoca risalgono il teatro, l’agorà, la casa privata a peristilio - uno dei più grandi edifici privati rinvenuti del periodo ellenistico (due piani per 1600 mq2), dotata di un cortile con colonnati, sale banchetto, bagno, cisterne e forno.

La casa a peristilio

Dell'epoca romana imperiale è noto soltanto che Ietas faceva parte, insieme ad altre 45 città di Sicilia, del gruppo degli stipendiarii, cioè di comunità tributarie di Roma.

Fra i siti protostorici della Sicilia occidentale Monte Iato è uno dei più interessanti, sia per le dimensioni che per la longevità: solo qui è infatti attestato un insediamento ininterrotto fino all’Alto Medioevo. Certamente, dal IV secolo a.C. la città di Iaitas e i suoi abitanti furono sotto il dominio Cartaginese e a vario titolo vengono citati dallo storico siracusano Filisto: da Diodoro Siculo inoltre si apprende che tra 278 e 275 a.C. fu assalita da Pirro e che durante la prima guerra punica (264-241 a.C.) la sua popolazione si consegnò ai Romani; Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, la annovera tra le quarantacinque città di Sicilia tributare di Roma. La colonizzazione romana sarebbe del resto testimoniata dai resti di un grande teatro, due sale consiliari, un tempio di Afrodite ed edifici pubblici e privati, come la cosidetta casa del peristilio.

Le fonti per la storia medievale sono anch'esse rare. La forma medievale del nome tramandata dalle fonti è GIATO.

Il castrum Iati, era il presidio di quello che – stando alle indicazioni del Malaterra – doveva essere un abitato di antiche origini dove, nel 1079, abitavano più di tredicimila famiglie. La cifra sembra esagerata e il fatto che in epoca normanna l’insediamento venga frequentemente definito come casale, indica che andrebbe  probabilmente ridotta a meno di duemila unità. Nel XI sec. d.C., al momento della conquista normanna, il sito era abitato soprattutto da popolazioni arabe immigrate dal Magreb che, rifiutandosi di pagare le imposte e prestare i servizi nel 1079, si erano ribellate al Conte Ruggero.

In ogni caso, il territorio di Iato restava indubbiamente tra i più estesi e popolosi della Sicilia, se Edrisi poteva affermare:

Il castel di Giato, alto di sito, forte oltre ogni credere, ha un territorio nel quale arriva al sommo grado la feracità delle terre da seminare e la vastità dei confini. Avvi una prigione sotterranea nella quale è chiuso chiunque incorra nella collera del re.

Nel 1176 il castellum Iati e il suo territorio furono concessi alla chiesa di Santa Maria la Nuova di Monreale.

 

Nel 1206 Iato sembra essere fortezza dei musulmani ribelli: tale frangente è testimonato da un mandato, contenuto nel liber monrealese, con cui Federico II ordina ai villani saraceni di Iato e altri luoghi della Sicilia ricadenti sotto la giurisdizione di Monreale di tornare immediatamente alle dipendenze della chiesa.

 

 

Tra 1222 e 1224 Federico II data alcuni documenti in castris in obsidione Iati.

Nel 1243 la fortezza di Jato è espugnata dal conte Riccardo di Caserta e i musulmani ribelli deportati a Lucera, ma solo nel 1246 la città venne definitivamente conquistata e rasa al suolo.

Dal 1971 l'istituto di Archeologia dell'Università di Zurigo, conduce scavi regolari sul Monte, allo scopo di ricostruire la storia del sito. I ruderi medievali rinvenuti finora datano quasi tutti degli ultimi decenni di vita di Giato, quando la città, prima e durante la grande insurrezione contro l'imperatore cristiano Federico II, era diventata l'ultimo rifugio dei musulmani.

Le case a un solo ambiente, erette frettolosamente con pietre prelevate dai muri antichi, sono piuttosto mal costruite; a monte delle mura di confine, poco fuori dell'abitato, una serie dì tombe a fossa, prive di corredo, la cui presenza in immediata prossimità dell'abitato si spiega con lo stato d'assedio. 

 

  • Bloesch H., Isler H.P., Monte Iato (Palermo). Scavi 1971, in Notizie Scavi (1972), pp. 644-650.
  • Huillard Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Frederici Secundi, 6 voll., Paris 1852-1861, rist. an. Torino 1963, I, 1, p. 118.
  • Isler H.P., Monte Iato. Guida archeologica, Palermo 1991.
  • - Monte Iato, in Federico e la Sicilia, I, pp. 121-150.
  • Maurici F., Castelli medievali in Sicilia. Dai bizantini ai normanni, Palermo 1992.
  • - L’insediamento medievale nel territorio della Provincia di Palermo. Inventario preliminare degli abitati attestati dalle fonti d’archivio (secoli XI-XVI), Palermo 1998, pp. 85-86.
  • Winckelmann E., Acta Imperii inedita, 2 voll., Innsbruck 1880-85, I, pp. 233-235 e 243-244.

Sul monte v.

  • Bloesch H., Isler H.P., Monte Iato (Palermo). Scavi 1971, in Notizie Scavi, (1972), pp. 644-650.
  • Isler H.P., Monte Iato. Guida archeologica, Palermo, Sellerio 1991 (Museo).

Per la Iato antica, cfr.

  • La Corte G., Iato e Iatina. Ricerche di topografia siciliana, in Archivio Storico Siciliano, 24 (1899), pp. 310-325.