Vai al file pdf

 

 

Criteri di edizione

 

Ciò che distingue la storia da altre forme di narrazione è il fatto che le argomentazioni che propone si fondano sempre, obbligatoriamente, su un’empirica base fattuale.

Il mezzo digitale ha un grande potere: è in grado, infatti, di evidenziare la centralità della fonte – un concetto di vitale importanza in ambito storiografico – e di interagire con essa in misura superiore rispetto alle tradizionali modalità espositive.

La trasformazione implementata ha cercato di non snaturare, nella visualizzazione dei documenti, la fonte documentaria – il cui rispetto resta l’atteggiamento più indicato nel condurre un’edizione diplomatica, sia in ambiente cartaceo che digitale – ma anche i  canoni tradizionalmente adottati in sede editiva.

Se infatti un’edizione si qualifica sempre per la corrispondenza all’originale, fondandosi su criteri e metodiche definite e consolidate dalla storia della cultura moderna, che devono eventualmente essere tradotti nei termini proprii della comunicazione elettronica, è in ogni caso l’editore a garantire la qualità dell’opera e non l’apparato tecnologico che egli utilizza.

In quest’ottica, i canoni editoriali adottati sono rimasti quelli già enucleati da Alessandro Pratesi nel suo frequentatissimo saggio del 1957.

Cfr.

A. Pratesi, Una questione di metodo: l’edizione delle fonti documentarie, in Rassegna degli Archivi di Stato, 17 (1957), pp. 312-333; rist. in  Antologia di scritti archivistici, a cura di R. Giuffrida, Roma, Scuola tipografica italo-orientale S. Nilo 1985 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 3), pp. 693-716, e anche in Tra carte e notai. Saggi di diplomatica dal 1951 al 1991, Roma, Società alla Biblioteca Vallicelliana 1992 (Miscellanea della Società di Storia Patria), pp. 7-31.

Altri titoli consultati sui problemi di edizione delle fonti documentarie sono stati:

  • A. Bartoli Langeli, L’edizione di testi documentari. Riflessioni sulla filologia diplomatica;
  • S. P. P. Scalfati, Per l’edizione delle fonti documentarie, entrambi in L’edizione dei testi mediolatini. Problemi, metodi, prospettive (Testi dell’VIII Settimana Residenziale di studi medievali, Carini, 24-28 ottobre 1988), Palermo, Officina di Studi Medievali 1993 (Scrinium, 15), pp. 116-131 e 132-140.

Principio ispiratore della trascrizione è stato infatti quello di riprodurre il dettato con la massima fedeltà e senza alterazioni, evitando ogni correzione arbitraria di presunti errori, ad eccezione dei lapsus di sicura evidenza, comunque segnalati in apparato.

Nell’edizione si è cercato pertanto di provvedere ad una corretta transcodifica del testo, mantenendone i principi di leggibilità e comprensibilità ma rispettando, al contempo, le sue peculiarità ortografiche; quanto all’impiego dei capoversi per l’articolazione del dettato, si è preferito riprodurre puntualmente l’impaginazione originale: eccezione a tale scelta, dovuta alla necessità di rendere più agile la lettura e la consultazione soprattutto di fronte a lunghissimi componimenti, le liste di testimoni, cui si è data autonomia formale andando a capo ogni volta. 

La costruzione della cornice ipertestuale ha costituito un momento successivo nella complessiva rappresentazione dei documenti traditi dal cartulario.

In essa infatti, la fonte – scomposta nei singoli documenti – è uscita dall’isolamento che le sarebbe stato proprio nel contesto cartaceo, per divenire parte di un più ampio tessuto testuale e storico.

Dal momento che l’elemento di costruzione fondamentale del sito internet non è più la pagina, ma le singole unità informative caricate in un’intelaiatura complessa (la maschera o, in termini informatici, il template della pagina), è stato possibile combinare l’architettura modulare fornendo raggruppamenti dinamici di contenuti, in modo da poterli presentare in una struttura che mantenesse degli elementi di raccordo tra le diverse sezioni.

 

 

 

Le stesse unità documentarie, per le quali si è inoltre deciso di inserire anche la possibilità di consultazione in formato .pdf, sono state quindi presentate nella versione ipertestuale come un aggregato di elementi linkabili di accesso a nuove entità informative, seguendo i presupposti di una “granularity of browsing”, ovvero della possibilità offerta agli utenti di interagire non solo con la pagina web nella sua interezza, ma anche con unità più piccole, quasi delle ulteriori finestre al cui interno richiamare risorse provenienti da altre fonti e dotate di caratteristiche diverse, il cui accostamento dovrebbe produrre una “recombinant information”: realtà nuove, in grado di sollecitare le capacità cognitive dei fruitori ed esaltate da una ben articolata organizzazione dei metadocumenti.


La volontà di trattare la raccolta diplomatica come una fonte unica si è tradotta, inoltre, nella tutela dell’ordinamento dei documenti proposto dallo stesso cartulario: è stata dunque rigorosamente rispettata la successione dei singoli diplomi, cui è possibile accedere dalla pagina dedicata all’edizione diplomatica del liber linkando alle singole partes in cui il codice rassachiano è stato funzionalmente diviso.

I documenti presentati sono legati l’uno all’altro ma, grazie ai numerosi rinvii ipertestuali, sono anche in grado di connettersi agli altri documenti che eventualmente citano o richiamano per associazione logica.

Ciò ha significato l’introduzione di espliciti richiami, da un lato, alle relazioni reciproche intercorrenti tra i vari documenti, segnalate nell’apparato delle note a piè di pagina, e dall’altro, al complesso degli strumenti di corredo adottati – le schede descrittive, le liste e gli indici, la bibliografia e via dicendo – in grado di gettare luce sul più generale contesto storico e culturale di cui i documenti sono stati l’espressione, sui loro esecutori o promotori, sulle istituzioni in essi riferite: informazioni che spesso, nelle classiche edizioni di fonti, confluiscono in buona parte nelle note di apparato.

È stato così possibile allargare i confini del singolo documento, inserendolo all’interno di una più ampia rete di significati.

Il paesaggio digitale, la possibilità di combinare realtà multimediali diverse, la distribuzione e l’accesso on line hanno finito per mettere in discussione la natura originaria della fonte edita, facendo emergere uno spazio di memoria informativa dalla durata indefinibile, in cui ogni diploma, ogni testo, ogni immagine, ogni frammento, può essere oggetto di continue ridefinizioni e mutare di significato, riaggregato in percorsi e contenitori sempre diversi.

Liberate da ogni vincolo fisico, queste ideali realtà documentarie abbandonano i confini del manoscritto che le raccoglie, percorrendo lo spazio informativo.

Un po’ onde, un po’ granuli, si offrono alla vista dello storico, rinnovando – in questa testualità immateriale e trasformista – il loro valore originario: dove la parte si lega al tutto, e questo tutto diviene l’imprescindibile luogo entro cui lo storico si muove.