Informatica Umanistica Trovandosi al crocevia degli scambi tematici più disparati, l’Informatica Umanistica si trova oggi quasi vocata a ricomporre una relazione perduta tra i due mondi del sapere. Ne costituisce anzi, il punto di contatto, poiché la sua essenza è principalmente metodologica e non applicativa, cfr. In questa direzione, il primo testo teorico che si è interessato al rapporto tra filologia e informatica è stato La critique des textes et son automatisation di Dom Jacques Froger, il quale ha mostrato come il calcolatore sia solamente uno strumento al servizio del filologo e non un suo sostituto, cfr.
Ma una svolta fondamentale si è avuta al Convegno Internazionale di Parigi su La pratique des ordinateurs dans la critique des textes del 1978 dove, grazie anche alla partecipazione di Cesare Segre, il computer è stato presentato come un generatore di problemi, soprattutto nel campo della trascrizione e della codifica editiva. I partecipanti a questo convegno, che avevano usato procedimenti informatici in ecdotica, cercarono di fare il punto sulla situazione e sulle prospettive in questo campo, evidenziando una crisi non tecnica ma teorica: una delle ragioni, la diffidenza dei filologi tradizionalis, cfr.
Su natura, oggetti e metodologie dell’informatica umanistica esiste ormai una letteratura abbastanza ampia. In Italia, dello status teorico e della sua collocazione istituzionale si è occupato in particolare Tito Orlandi in numerosi articoli e interventi, cfr.
Solo raramente tuttavia, la discussione italiana ha avuto carattere fondazionale e ancor meno è riuscita a fare breccia all’esterno della ristretta comunità degli addetti ai lavori. Più vasto è stato sicuramente il dibattito internazionale, che ha vantato numerosi studi specialistici e una letteratura periodica ormai affermata: tra le pubblicazioni più diffuse: Literary and Linguistic Computing, Computing and Humanities, Journal of the Association for History and Computing.
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