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Un territorio da difendere:

controversie e usurpazioni patrimoniali 

Notevole rilievo assumono, nella storia della gestione del patrimonio fondiario monrealese, le notizie riguardanti controversie territoriali connesse a fenomeni di oblio e confusione sui diritti relativi ai confini e alla terra, sia in quella zona della Sicilia che più direttamente era soggetta al controllo e alla giurisdizione della chiesa di Santa Maria Nuova, sia nelle aree continentali assegnate – col privilegio di fondazione – all’arcidiocesi.

Semiotica dei confini

Il privilegio di esercitar giustizia

documento I.1

 

 

 

 

In questa direzione, la ricerca condotta sulle carte del Liber Privilegiorum ha consentito di ricostruire una vera e propria galleria di esempi e modalità con cui vennero affrontati, in periodi diversi, i contrasti sorti a seguito delle numerose usurpazioni compiute sui possedimenti di Monreale.

Manoscritto FM5. Particolare

La gotica del ms. FM5

Allo stesso secolo dovrebbe appartenere anche il codice membranaceo XX.E.8 della Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Monreale, di  mm. 335×235 e cc. 148 a due colonne, scritto in carattere gotico con rubriche rosse e capilettera ornati a disegno alternativamente rosso e celeste e rilegato in pelle rossa, su tavolette recanti tracce di quattro fermagli di rame.

Secondo Garufi sul manoscritto si alternano due mani: la prima, che va da f. 1 a f. 133, dell’epoca di Arnaldo di Rassach; la seconda, da f. 134 a f. 136, che avrebbe trascritto cinque documenti posteriori la morte dell’arcivescovo, rintracciabili anche nel codice Vat.Lat.38804.

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Negli ultimi due fogli del cod. XX.E.8 sono trascritti:

1. Estratto del testamento di Palma del nobile Bengarino de Podio contenente un lascito per la chiesa di Monreale, con data 9 febbraio 1375, XIII ind. (doc. IV.24 del Vat.Lat.3880);
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2. Carta di scambio, datata 1374, tra Guglielmo arcivescovo di Monreale e Giovanni Cannata de Alcamo di una casa solerata, che l’arcivescovato aveva a Corleone (doc. IV.25 del Vat.Lat.3880)
Vai al documento IV.25
3. Privilegio di re Alfonso con data 9 novembre 1443, VII ind., (non presente nel Vat.Lat.3880)
4. Privilegio di conferma del Vicerè Giovanni Moncada, in data  13 settembre 1462, XI ind., indirizzato all’arcivescovo Ausias des Puig (doc. IV.27 del Vat.Lat.3880)
Vai al documento IV.27
5. Privilegio di re Giovanni dato da Saragozza il 4 dicembre del 1464 (doc. IV.28 del Vat.Lat.3880).
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Gaetano Millunzi identificò in questo codice l’esemplare rassacchiano notato nell’inventario del 1533 con le parole: «librum unum in carta pergameni scriptum in bona littera in quo sunt annotata multa privilegia majoris ecclesie civ. Montis Reg. cum suis summariis litteris rubreis conservatum in arca privilegiorum intus thesaurum ecclesie», che fu poi trasferito da Ludovico II Torres nella biblioteca del Seminario intorno al 15915.

 

 

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Dovrebbe altresì essere il volume menzionato al n. 199 dell’Inventario che nel 1535 il governatore di Monreale Bernardo Spina, per ordine dell’arcivescovo cardinale Ippolito dei Medici, fece eseguire dal notaro Gian Luigi Altavilla6.

Sebbene non possa essere propriamente considerato tra le copie del Liber Privilegiorum della Chiesa di Monreale, merita di essere menzionato anche il Liber Pandectarum compilato nel 1551 dal monaco catanese Teofilo De Franco su incarico del suo abate Cesare Graffeo, attualmente depositato presso la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana con la siglia F.M.147.

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Si tratta di un grosso volume cartaceo  di cc. 171 numerate sul recto, oltre a 13 fogli non numerati al principio, otto dei quali bianchi e cinque con le tavole dell’indice, misurante mm. 480×290, che contiene trascrizioni o sunti – vergati in una minuta italica – di 329 documenti privi di ordine logico o cronologico, ma ad ordine cronologico è disposto l’indice generale del volume nei primi fogli, che precedono immediatamente la dedica del codice.

Il manoscritto ha subito dolorose vicende:  Millunzi informava che agli inizi del XVII secolo, durante una controversia sorta tra il clero secolare e i monaci benedettini, alcuni fogli del volume furono strappati e bruciati alla presenza del cardinale Cosimo de Torres.

Secondo lo storico infatti,

che la esecuzione del codice sia stata sollecitata allora precisamente a cagione dei ferventi litigi, ce lo affermano tutte le circostanze storiche da noi ricordate, ed anche questo che il P. Teofilo scrivendo il codice si mostrava preoccupato dal pensiero delle liti, per cui sin dal primo foglio in un bel distico latino non so se composto da lui o da altri, ricorda al lettore un insegnamento troppo pratico e vero, rispondente agli intrighi e ai maneggi forensi di tutti i tempi e di tutti i luoghi: Qui fora qui lites exerces, sit tibi semper/ Pes citus, os clausum, sit tibi larga manus.

E infatti,

quando arcivescovo di Monreale fu il card. Cosimo de Torres (1634-1642), il P. Mauro Marchese, religioso dei resto assai colto, per la giustizia e per la pace pensò distruggere gli elementi della discordia e svelse alcuni fogli del Liber Pandectarum, e alla presenza del card. Torres li bruciò insieme ad altre carte di simil genere. A questi fatti si riferisce lo strappo dei fogli sopra ricordati del Liber Pandectarum: e a questi pure si riferiscono duenote che si trovano in detto codice scritte di mano del sec. XVII,

G. Millunzi, Il Tesoro, la Biblioteca e il Tabulario della Chiesa di Santa Maria Nuova in Monreale cit., pp. 260-261-262.

 

Dato per disperso, il codice fu ritrovato da Antonino Salinas e salvato dall’incuria degli impiegati del demanio che lo usavano come cuscino.

Il Liber Pandectarum non ha relazione diretta né col Tabulario di Santa Maria Nuova né con la collectanea del Rassach, sebbene indirettamente può dirsi che li riguardi entrambi, perché vi si trovano trascritti documenti estratti allora dal Tabulario e oggi non più esistenti.

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1  A. Petrucci, Fra conservazione ed oblio: segni, tipi e modi della memoria scritta. Relazione presentata per i 120 anni dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, (Roma, 27 giugno 2003), in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo, 106 (2004), 1, pp. 75-92.

2  La notizia viene riportata da Henri Bresc nella sua monografia su libri e società in Sicilia, cfr. H. Bresc, Livre et société en Sicile (1299-1499), Palermo, Centro di studi filologici e linguistici 1971 (Bollettino del centro di studi filologici e linguistici. Supplemento), p. 294.

3  Cfr. Catalogo dei manoscritti del “Fondo Monreale” della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, già Biblioteca Nazionale, a cura di C. Pastena, Palermo, Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della Pubblica istruzione 1998 (Sicilia/Biblioteche, 39), pp. 29-31.

4  Cfr. C.A. Garufi, Catalogo illustrato del Tabulario di S. Maria Nuova in Monreale, Palermo, Era Nuova 1902 (Documenti per servire alla storia di Sicilia, s. I), p. VII, nota 1.

5 Cfr. G. Millunzi, Il Tesoro, la Biblioteca e il Tabulario della Chiesa di Santa Maria Nuova in Monreale, in Archivio Storico Siciliano, 28 (1903), pp. 249-294: 253, nota 2.

6  Cfr. N. Giordano, Pagine monrealesi. Spigolature storiche, Palermo, Renzo Mazzone Editore 1972, p. 33.

7  Per questo codice v. G.  Millunzi., Il Tesoro, la Biblioteca e il Tabulario della Chiesa di Santa Maria Nuova in Monreale cit., pp. 285-286.