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Struttura, caratteristiche, contenuti

La natura ambigua dei cartulari, le numerose varianti con le quali questa forma documentaria si presenta in luoghi e tempi diversi, l’assenza di linee di tendenza metodologiche predefinite impongono un’indagine mirata sulla struttura, le caratteristiche e i contenuti degli esemplari esaminati.

Alcune istruzioni di approccio, utili nell’affrontare l’analisi e la descrizione dei cartulari, sono state fornite nel corso della tavola rotonda ad essi intitolata, organizzata dall’École National des Chartes e svoltasi a Parigi nel 19911.

 

 

 

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Durante l’incontro sono in effetti emersi alcuni utili suggerimenti orientativi, che indicavano nella descrizione approfondita della caratteristiche codicologiche e paleografiche, nell’analisi delle modalità di redazione al fine di individuarne protagonisti e tappe, nell’esame del contenuto, con particolare attenzione ai nuclei omogenei di documenti e ai principi di ordinamento e infine nello studio del rapporto del codice con l’archivio dell’istituzione che ne aveva promosso la compilazione, i punti chiave per uno studio seriamente condotto sull’argomento.

Ulteriori indicazioni sono poi ricavabili dai più recenti studi condotti sui libri iurium comunali, che hanno sottilineato come se le compilazioni redatte entro la prima metà del Duecento abbiano previsto in genere copie autentiche, molto curate dal punto di vista formale e caratterizzate da elementi grafici decorativi, scritture semilibrarie, specchi di scrittura ben definiti e margini ampi, i prodotti posteriori siano stati invece per lo più contraddistinti dall’impiego di copie semplici e non autenticate, come avviene per l’oggetto di questo studio.

 

 

 

 

 

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I caratteri costitutivi del liber monrealese, il cui schema strutturale rimanda con chiarezza ad un impianto volutamente unitario, sono il riflesso di una progettazione a cui hanno partecipato motivi funzionali, esigenze politiche, istanze etiche e interessi pratici.

E' sempre l’arcivescovo Arnaldo, nella sua premessa, a descrivere la struttura della compilazione:

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Hec que ad presens subsequencia reperimus privilegia transcribi et sub dicto fecimus volumine comprehendi, ipsum in partes quatuor dividentes. In cuius prima parte continentur privilegia, libertates, donationes, concessiones et indulta regum, reginarum, principum et imperatorum successorum ipsorum. In secunda vero confirmationes, approbationes, privilegia, immunitates et indulta summorum pontificum Romanorum, dominorum cardinalium subscriptionibus roborata. In tercia, autem exemptiones prelatorum in quorum dyocesibus dicta ecclesia bona habet, cum subscriptionibus personarum capitulorum ipsorum roborata. In IIIIa parte instrumenta et privilegia singularium personarum.

 

 

 

Il prologo esplicita chiaramente l’intento di progettare la raccolta come un insieme coerente e in un certo senso già chiuso, che nella forma-libro trova una soluzione archivistica e insieme la propria monumentalizzazione.

Non si tratta quindi, come ha rilevato Paola Guglielmotti per i libri iurium cittadini, di una redazione intermittente, che si nutre di volta in volta di nuovi privilegi, cfr.

P. Guglielmotti, Libri di comunità locali nella Liguria della Prima Età Moderna cit.

La stessa Guglielmotti ha giustamente sottolineato come ci si rivolga al libro «in seguito allo stimolo di eventi e processi ben riconoscibili e soprattutto diversi», che offrono l’occasione per prendere consapevolezza della necessità di una conservazione che sia al tempo stesso organizzata e garantita, cfr. Ead.

 

Un peso decisivo in questa direzione deve avere avuto proprio Arnaldo di Rassach, che concepì il progetto e la sua intelaiatura indubbiamente spinto dalla necessità di poter consultare ed estrarre rapidamente i documenti più antichi del suo archivio, ma che – parallelamente – sembrava essere assolutamente consapevole del fatto che nel cartulario si sarebbero riversate tutte le istanze e i valori di una struttura politica che presentava notevoli elementi di tensione interna.

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Il solido profilo culturale dell’arcivescovo rende in effetti pienamente plausibile una progettualità forte, attraverso la quale dar vita ad uno strumento connotato in senso pratico e relazionale ma che, nell’ordinamento tematico e nella scelta di diplomi impegnativi per lunghezza e contenuto, mostrava caratteristiche diametralmente opposte a quelle di un registro in cui travasare in modo meccanico l’intero contenuto dell’archivio.

 

Sulla scia delle osservazioni compiute da Attilio Bartoli Langeli in relazione all’organizzazione tematica che impronta molti libri di privilegi , in molti hanno sostenuto una derivazione «non tanto dal redattore – cioè da una sua opera di sistemazione preventiva del materiale da trascrivere – quanto da preesistenti fattori di tipo archivistico»2.

 

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Nel caso del liber monrealese la struttura rivela invece che il codice fu concepito come pezzo autonomo già al tempo della sua scritturazione.

La divisione in quattro sezioni non rispecchia un precedente ordinamento dell’archivio e piuttosto, oltre ad indicare chiaramente come essa sia stata il frutto di un unico momento progettativo, contribuisce alla coerenza e alla funzionalità intrinseche della raccolta, privilegiando la praticità d’uso dei documenti che si incanalano in specifiche tipologie classificatorie decrescenti, in base ad una logica che riflette – in qualche modo – l’ordinamento gerarchico della società medievale: attraverso un criterio di disposizione non cronologico, ma per categorie diplomatistiche, si stabilisce infatti una graduatoria delle fonti che assegna la preminenza ai diplomi imperiali, seguiti dai documenti papali, dalle concessioni vescovili e in ultimo ai contratti di natura privata.

 

Un’organizzazione interna simile è rintracciabile in quasi tutte le compilazioni comunali, oltre che in numerosi cartulari renani prodotti a cavallo tra il XII e il XIV secolo, cfr.

D. Lohrmann, Evolution et organisation interne des cartulaires rhénans du Moyen Age, in Les cartulaires. Actes de la Table ronde organisée par l’École national des Chartes cit., pp. 79-89.

 

 

E sebbene Cammarosano si mostri convinto che non vi fosse piena intenzionalità e accuratezza nelle scelte operate durante la compilazione, nel caso monrealese il criterio selettivo di inclusione nel volume risulta, piuttosto ovviamente, di convenzienza e immagine: la presenza di determinate attestazioni è finalizzata a celebrare la posizione dell’arcivescovato e vuole essere lo specchio dell’immagine che l’ente intende dare di sé, sia all’interno che all’esterno del proprio territorio.

 

 

 

Di più: le scelte documentarie effettuate sembrano piuttosto privilegiare le testimonianze utili alla realtà politica del momento, escludendo quelle che – pur storicamente importanti – non dovevano avere più effetti giuridici. La scritturazione di uno specifico registro e la mappatura del panorama documentario nel codice delineavano il restaurato sistema istituzionale voluto dal suo promotore.

 

 

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Fu una strategia efficace: le scelte operate nell’organizzazione del materiale documentario costituirono le basi di una tradizione che durò senza significativi mutamenti fino al XV secolo.

Il codice rassacchiano, così come era stato concepito dall’arcivescovo, conteneva 26 diplomi di re, imperatori e regine, 22 documenti pontifici, 14 concessioni e donazioni di prelati e 22 altri documenti fra atti pubblici, lettere, sentenze di persone diverse per un totale di 84 documenti3.

 

 

Si tratta, per lo più, di disposizioni emanate dalle autorità, relative alle concessioni a titolo feudale di possedimenti, giurisdizioni o esenzioni fiscali e dunque, alla costituzione e al potenziamento del monastero e dell’arcidiocesi.

 

Tra le attestazioni si contano quindi litterae patentes con verbo dispositivo concedimus, mandati e litterae executoriae indirizzate dal sovrano ai suoi funzionari per disporre il rispetto della concessione effettuata, ma anche comunicazioni meno solenni, che vertono su conflitti di competenza o giurisdizione, acquisite dall’ente ecclesiastico sebbene non sempre ad esso indirizzate.

 

Restano per lo più fuori le attestazioni di amministrazione ordinaria – un ambito programmaticamente escluso dal codice – e le copie o le conferme di diritti e privilegi e i documenti attestanti controversie il cui esito fallimentare difficilmente avrebbe potuto trovare una collocazione adeguata nel liber.

Come si evince dal grafico sottostante, la distribuzione dei documenti nel cartulario è piuttosto omogenea, e non evidenzia eccessive difformità.

Ogni documento è datato, e la data è quasi sempre espressa in tutti i suoi elementi di anno, mese, giorno e indizione, per lo più accertati come esatti, salvo qualche rara eccezione per la quale – in sede editiva – sono state apportate le dovute correzioni o ricostruite le date incomplete.

Nel cartulario non solo lo spazio, ma anche il tempo assume una qualità particolare: vi sono cioè periodi in cui accadono più avvenimenti che in altri e si pone in luce con maggiore nitidezza una storia evenemenziale, che privilegia determinati frammenti del passato.

Questo aspetto dell’intensità temporale, che mette in gioco la visione di passato e futuro e ha una ricaduta sulla fonte, è particolarmente presente per gli anni immediatamente a ridosso della fondazione di Santa Maria Nuova.

 

 

 

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Dal liber emerge – in altre parole – una progressiva, graduale esplicazione della politica attuata dall’arcivescovato monrealese, trasposta negli schemi della pagina scritta con l’intento di far risaltare, sullo sfondo egemonico innescato con la fondazione normanna, un quadro armonico, una convergenza tra l’azione vescovile e gli interessi monarchici e papali.

La fondazione di Santa Maria Nuova

La relazione col Papato

 

 

Che questa funzione della memoria scritta – nella quale sembra evidenziarsi la ricerca di un equilibrio e di un’uniformità documentaria in grado di tessere entro un percorso comune la complessità delle dinamiche e delle molteplici spinte politiche – lasci in ombra gli aspetti critici del governo monrealese, è cosa ovvia.

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Se dall’esame di questo prodotto si ricavano in modo più o meno esauriente le tappe dell’affermazione monastica e la strumentazione adottata, resta infatti oscura l’azione delle controparti.

Per questi motivi, e per la necessità di ambientare la produzione del testo e dei documenti in esso contenuti attraverso date e fatti, nella sezione Storia e Territorio si è cercato di tenere conto della narrazione paradigmatica delle vicende dell’arcidiocesi, nel tentativo di ancorare al livello della ricerca e dei problemi il piano degli avvenimenti come componente non secondaria di una realtà complessa e sfaccettata.

 

 

 

 

1 Cfr. Les cartulaires. Actes de la Table ronde organisée par l’École national des Chartes et le G.D.R. 121 du CNRS (Paris, 5-7 décembre 1991), réunis par O. Guyotjeannin, L. Morelle et M. Parisse, Paris 1993 (Memoires et documents de l’Ecole des Chartes, 39).

2  Cfr. A. Bartoli Langeli, Codice diplomatico del comune di Perugia. Periodo consolare e podestarile (1139-1254), 3 voll., Perugia, Deputazione di storia patria per l’Umbria 1983, I,  p. XVVIII.

3  Cfr. G. Millunzi, Il Tesoro, la Biblioteca e il Tabulario della Chiesa di Santa Maria Nuova in Monreale, in Archivio Storico Siciliano, 28 (1903), pp. 249-294:252, e G. Spata, Sul cimelio diplomatico del Duomo di Monreale, Palermo, Tip. Giornale di Sicilia 1865, p. 39.