Tempo di bilanci. Nuovi strumenti sul tavolo dello storico Passeggiando per le strade di Roma, può capitare di incontrare un ironico graffito che recita: «Il futuro non è più quello di una volta!». La frase, che sembra vantare antiche origini, ben si adatta alla prospettiva in cui va inquadrata l’edizione digitale proposta per il Liber Privilegiorum della Chiesa di Monreale: una dimensione operativa nuova, nella quale il procedimento informatico attraverso cui lo storico mette a disposizione della comunità scientifica i propri materiali di lavoro, non si configura semplicemente come una strumentazione comoda e rapida per l’accesso alla documentazione analizzata, ma implica una profonda ridefinizione dei modi in cui le analisi e le pratiche storiografiche possono essere condotte. Il campo della ricerca storica, oggi, sembra in effetti dover ridiscutere – necessariamente – il monumentale compito che ogni studioso, a diversi livelli, ha da sempre affrontato: la trascrizione del passato nel presente. Nel contesto contemporaneo, profondamente investito dall’avvento delle tecnologie informatiche, questa trascrizione si configura, in qualche modo, come fatto duplice implicando da una parte, la re-iscrizione e la conservazione dei contenuti centrali delle discipline storico-filologiche nei nuovi formati offerti dell’infrastruttura informatica e dall’altra, l’integrazione di tecnologie e tecniche emergenti nel lavoro e nelle pratiche essenziali delle scienze umanistiche.
Si tratta di doveri dialettici, che richiedono la simultanea elaborazione di nuovi paradigmi funzionali e interpretativi ma soprattutto, esigono la sperimentazione pragmatica di tecniche innovative e programmi collaborativi, finalizzati a realizzare forme di elaborazione, comunicazione e diffusione della cultura più adatte agli attuali canali informativi. L’informatica instaura un rapporto radicalmente diverso tra il produttore di conoscenza e le procedure di distribuzione e relazione con il suo pubblico; ma è internet, in particolare, a configurarsi come la sede della sperimentazione, il luogo dove appaiono verificabili le potenzialità che la scienza tecnologica propone sul piano del metodo, dei contenuti e della ricerca, perché crea di fatto la possibilità di una comunicazione realmente diretta tra lo studioso e l’utente interessato alle sue analisi, e dischiude prospettive innovative dal punto di vista della stessa progettualità, che si concretizzano nella capitale modifica della natura dell’oggetto comunicato e del discorso che su di esso tradizionalmente si sviluppa.
In questo senso sembrano andare le sempre più numerose esperienze condotte sul Web nel settore umanistico, dove l’utilizzo ponderato della tecnologia informatica si è significativamente misurato con la capacità di produrre informazione di qualità strutturata, arricchita da metadati, aggiornata e certificata, ma soprattutto in grado di configurarsi come offerta – per lo storico ma anche per qualunque utente interessato – di servizi e risorse alla ricerca. Come ha sintetizzato Franco Carlini,
Chiaramente, e forse a maggior ragione nell’ambito del segmento medievistico dove l’apparenza sembra suggerire un’abbondanza di materiali difficilmente eguagliabile, il tentativo di ricapitolare lo stato dell’arte in rete si scontra invece inevitabilmente con i vuoti, la diseguale distribuzione geografica e la disomogenea qualità delle proposte. Evidentissima è ad esempio la prevalenza di materiali anglofoni, originata probabilmente dal precoce e maggiore progresso delle tecnologie telematiche negli Stati Uniti, che vantano in effetti la massiccia presenza in Rete delle realtà universitarie e di ricerca e una particolare abilità nello sfruttamento di questa forma comunicativa, supportata tra l’altro, dall’impegno finanziario e progettuale profuso a favore di simili iniziative. Si tratta di un fenomeno di portata notevole, e che forse andrebbe preso ad esempio, nonostante produca in fin dei conti una preponderanza di tematiche legate alla storia americana. Non di rado tuttavia, l’analisi ravvicinata di un sito – soprattutto nel caso dei prodotti amatoriali, ma non solo – rivela povertà di contenuti, inaffidabilità e mancanza di rigore. Nel Web il numero di siti storici professionali e scientificamente costruiti rappresenta tuttavia una minoranza rispetto a quello, in costante aumento, di siti dove convivono, in una sorta di promiscuità e imbarazzante prossimità, la storia accademica insieme ai prodotti amatoriali. Da qui, probabilmente, le maggiori perplessità che frequentemente si leggono nelle riflessioni in merito al rapporto tra internet e la storiografia, relative ai contenuti, all’oggetto stesso della Retecome strumento autenticamente utile alla ricerca storica, alla labilità dell’informazione e della documentazione affidata al Web e in ultimo, allo smarrimento della nozione di ricerca di fronte alla dilatazione della scrittura. In ogni caso, accettando l’approccio pragmatico della rete e moltiplicando le esperienze di navigazione – anche in questo ambito infatti l’esperienza insegna – si possono riscontrare luoghi digitali sicuri ed affidabili, individuando con maggior precisione i contenuti scientifici in modo da evitare così lo strabismo telematico.
Internet si mostra ancora oggi come una situazione contrastata e ambigua, a metà strada tra un passatempo per dilettanti e un efficace strumento al servizio della ricerca, che però sembra non aver assimilato ancora le reali potenzialità che questo mezzo offre tanto che, paradossalmente, l’utilizzo più comune tra gli studiosi resta la consultazione dei cataloghi e dei servizi bibliotecari on-line. La situazione attuale sembra dunque essere caratterizzata da una crescita impetuosa ed evidente della presenza dell’informatica all’interno della strumentazione di ricerca dello storico, ma anche da un ricorso molto empirico a queste nuove tecnologie, che non favorisce la riflessione sugli effetti che esse possono avere sul lavoro di ricerca. Esistono tuttavia delle ottime realizzazioni, che a pieno titolo andrebbero inserite nella moderna strumentazione dello storico e per le quali vale la pena, a conclusione di questo lavoro, di esporsi al rischio della genericità per passarle brevemente in rassegna. Tra gli strumenti di orientamento afferenti all’area dei servizi, di particolare interesse per gli studi medievistici on-line sono i numerosi repertori bibliografici retrospettivi o quelli generali ma a carattere storico.
Oggi si presenta come un network europeo di studi medievistici, che pur mantenendo la specificità francofona originaria rappresenta il principale punto di riferimento per chi voglia farsi un’idea delle offerte Web relative alla medievistica europea.
Esistono poi numerosi database testuali, economici o iconografici, raccolte di dati seriali come la Medieval and Early Modern Databank (MEMDB) curata da Peter Spufford per la Cambridge University Press.
Sempre più consistenti sono inoltre le riproduzioni digitali di fonti, sia manoscritte che a stampa, in cui si impegnano le maggiori biblioteche europee: tra le decine di progetti realizzati o in via di realizzazione meritano una menzione d’onore la Bibliotheca Universalis, iniziativa che coinvolge le maggiori biblioteche nazionali europee.
Gallica è invece la biblioteca digitale della Bibliothèque Nationale de France che rende accessibili libri digitalizzati, cartulari, periodici, fotografie e una nutrita collezione di manoscritti e miniature: consente attualmente la consultazione in linea di 70.000 volumi riprodotti in modalità immagine, 1.200 volumi riprodotti in formato testo, 500 documenti sonori, 80.000 immagini statiche.
L’European Manuscript Server Initiative (EMSI) è il progetto coordinato da Manfred Thaller per l’Università di Bergen che offre l’accesso alle riproduzioni di manoscritti delle biblioteche italiane Classense di Ravenna, Malatestiana di Cesena, Archiginnasio di Bologna.
Anche il compartimento archivistico – sulla scia del successo ottenuto dai Regesta Imperii on line – ha ultimamente implementato innovativi servizi all’utenza.
Recente è, ad esempio, in Italia, l’adozione della piattaforma SIAS, una base di dati che consente di effettuare da remoto le ricerche sui complessi documentari conservati negli Archivi di Stato e sui relativi inventari, ma anche di esplorare i fondi attraverso le immagini e i percorsi che si articolano in nodi strutturalmente collegati, che vanno dall’enunciazione delle articolazioni gerarchiche e dei rapporti tra persone ed enti, fino all’unità minima di descrizione. Notevoli sono inoltre alcune iniziative settoriali. Solo per citare qualche esempio italiano, l’archivio Donne e cultura scritta nel Medioevo realizzato dal Dipartimento di Filologia e Storia e dalla Scuola di Specializzazione per conservatori di beni archivistici e librari della civiltà medievale dell’Università di Cassino, in collaborazione con la Scuola Speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma e curato da Luisa Miglio e Marco Palma: un’iniziativa finalizzata a realizzare un archivio delle donne – copiste, miniatrici, legatrici – che hanno lasciato memoria di sé nelle testimonianze grafiche librarie fino a tutto il secolo XV.
Il progetto Fonti Medievali in rete, realizzato dall’Archivio di Stato di Bologna e dal Centro “Gina Fasoli”, propone ai ricercatori la consultazione on-line di documenti medievali, previa registrazione gratuita, relativi agli estimi bolognesi del XIII secolo.
Il valore fondamentale di simili iniziative va rintracciato, è più che evidente, nella possibilità di superare l’idea di archivio come luogo fisico di conservazione, in cui occorra necessariamente recarsi per consultare i documenti. È la rete stessa a proporsi, in qualche modo, come archivio tout court, cioè come un’interfaccia di accesso ubiquo e atemporale, a fonti spesso interdette o di difficile reperimento, concorrendo per questa via al potenziamento della capacità critica di sintesi e di comparazione. Nel campo delle fonti edite on line, oltre alle già citate edizioni elettroniche, agli MGH e realizzazioni simili, si può contare sull’accesso all’intero database della Patrologia Latina (PLD), la versione elettronica della monumentale opera in 221 volumi di Jacques-Paul Migne che contiene i testi dei Padri della Chiesa, dal 200 al 1216, e una selezione di autori successivi, medievali e moderni, e sull’ALIM – Archivio della Latinità Italiana del Medioevo – un progetto che intende offrire la libera consultazione di tutti i testi latini, sia letterari che documentari, composti in Italia nel corso del Medioevo.
Questa mera elencazione di alcuni dei principali prodotti elettronici esistenti – tutti accomunati da una elevata qualità editoriale e da un alto grado di raffinatezza tecnologica – consente ampliamente di intuire quanto il lavoro del medievista possa fare affidamento su strumenti e raccolte di fonti testuali, documentarie e seriali informatizzate per condurre le proprie ricerche. Lo dimostra anche una semplice visita al sito H-Net. Humanities and Social Sciences on line, in cui sono accessibili tutte le principali liste di discussione di argomento storico-umanistico ed è possibile avere una percezione immediata di quanto sia ampia la presenza in rete dei settori relativi alla ricerca storica nonchè quanto sia varia, soprattutto, la tipologia delle risorse disponibili. Sul versante prettamente storiografico, limitandosi alle sole risorse relative alla medievistica italiana in rete che oggi iniziano finalmente ad essere rappresentate da un discreto numero di siti web di buona qualità, non possono mancare alcuni, fondamentali, riferimenti: ad esempio Reti Medievali, un’iniziativa avviata nel 1998 ma on-line dal 2000, coordinata da un gruppo di studiosi appartenenti alle Università di Firenze, Napoli, Palermo, Venezia e Verona, che intende fornire uno stimolo – al di là delle diverse connotazioni specialistiche, alla sperimentazione delle possibili applicazioni delle nuove tecnologie della comunicazione in ambito storico.
Tra le sezioni di cui si compone il bollettino, si citano: archeologia (Archeologia delle attività produttive e storia del lavoro, Archeologia della società medievale, Bollettino di archeologia medievale, Reimpiego e riutilizzo del materiale antico), arte, codicologia, diplomatica, filologia bizantina, filologia e letteratura medievale e umanistica, filosofia, informatica per il medioevo, letterature romanze, lingua, musica, onomastica, paleografia. Ricche e aggiornate, sono numerose pagine internet dei vari dipartimenti e centri accademici italiani.
Lo scenario in continuo accrescimento e la profondità contenutistica delle iniziative citate rappresentano un’enorme ricchezza per lo storico odierno, che attraverso l’apporto delle tecnologie informatiche e dei prodotti realizzati da una comunità eterogenea è in grado di aggiungere nuovi strumenti a quelli abitualmente posti sul suo tavolo. La panoramica condotta dovrebbe rendere evidente come la scrittura della storia attraverso il digitale non risenta, nelle sue qualità, dell’impiego di tecnologie informatiche, mentre queste ultime permettono – in ultima istanza – nuove basi comunicative per processi mentali e scientifici comunque inscrivibili all’interno di una tradizione disciplinare consolidata. In qualche modo, gli esempi proposti mettono in risalto un aspetto, che pure era già inconsapevolmente patrimonio metodologico delle discipline umanistiche: il fatto che ogni momento indagato, ogni archivio costruito, ogni database implementato e successivamente utilizzato dallo storico è il risultato di un processo per il quale l’analisi e la spiegazione dei dati determina una diversa formalizzazione dei dati stessi, e diventa a sua volta un diverso oggetto per successive indagini. Utilizzando metodologie informaticheresta quindi rilevante – anzi acquisisce peso – la capacità di sintesi e comparazione propria della storia e della critica delle fonti, mostrando altresì una rinnovata capacità di disvelamento dei meccanismi materiali e delle scelte culturali e funzionali che presiedono tutti i passaggi, tecnici e non, della costruzione interpretativa. In questo senso, anche l’edizione digitale del Liber Privilegiorum di Santa Maria Nuova, inserita all’interno del quadro fin qui delineato come fonte tra le fonti, strumento tra gli strumenti, recupera la sua intenzione iniziale – che la voleva un progetto in costante divenire – nell’immissione in un contesto più ampio, che la connette ad una rete di siti e materiali simili o affini, cui accedere contemporaneamente e attraverso un unico canale, rendendosi un prodotto decisamente lontano dal tradizionale modello storiografico, ossia da quell’operazione intellettuale mediante cui un singolo ricercatore perviene alla presentazione in forma scritta, compiuta e chiusa, di una serie di analisi, considerazioni e conclusioni originali effettuate a partire da una raccolta individuale di fonti motivate da un interrogativo di partenza. Il testo elettronico sotto forma di un archivio estensibile, rivedibile, partecipabile, offre grandi vantaggi riguardo alla completezza dei dati, pur non presentando – naturalmente – la piacevole leggibilità di un libro o la gratificante narratività dell’esposizione storica che è parte qualificante della rielaborazione dei dati. Tuttavia, la forma elettronica non ha escluso i passi da compiere nella stesura di una monografia storica, ma li ha semmai arricchiti. Sebbene, infatti, non esistano ancora una tradizione e una prassi consolidate, mentre la costante evoluzione delle tecnologie e dei linguaggi sembri collocare necessariamente nel libro della provvisorietà ogni soluzione individuata, sembra comunque possibile poter individuare, all’interno di questo progetto, quel patrimonio di consuetudini imprescindibili anche per un’opzione digitale perentoria. Così, in attesa che la multimedialità e gli ipertesti, il Web e le pratiche in evoluzione riconfigurino metodologie ed epistemologie, dando vita ad un’etica e ad uno stile della produzione scientifica definitivamente post-moderne e soprattutto post-gutenberghiane, in questo frattempo segnato da difficili convivenze l’atteggiamento maggiormente proficuo sembra proprio quello di saggiare palmo a palmo il terreno, conquistarlo un passo alla volta, cercando una sperimentazione sostenibile e impatti rassicuranti. Sebbene l’informatica e internt abbiano obbligato – e obblighino tuttora – gli storici a riconsiderare gli strumenti metodologici e a proporre nuovi approcci alla ricerca, confrontandosi in termini finora sconosciuti con l’irriducibile pluralità del fare storia e del narrarla, le tecnologie telematiche restano un fattore – non il fattore, né tantomeno l’unico fattore – del mutamento della ricerca storica: una precisazione necessaria in quanto l’idea di analizzare una inNuovazione e i suoi effetti su un ambito disciplinare, attraverso la proposta di un’applicazione concreta, potrebbe destare il sospetto che si sia favorevoli ad una interpretazione monocausale o che si sia inclini al determinismo tecnologico. Così non è. Il fine ultimo è arricchire, non impoverire, la comprensione della storia: le interpretazioni a una sola variabile sono inconciliabili con tale fine. Piuttosto, a fronte di un universo in cui la scrittura e il testo mutano, virando verso il digitale, il primo dovere dell’umanista sembra essere – forse – quello di riappropriarsi dei propri strumenti di produzione, di quegli arnesi che sono in grado di illuminare e al contempo scuotere il senso profondo di una indagine storica, producendo un riflesso sulle forme comunicative che colpisce al cuore i modi, gli sguardi e le metodologie del sistema di valori cui lo storico è abituato. Il risultato finale sarà un curioso andirivieni fra un nuovo, che alletta e spinge a rivisitare i saperi e le conoscenze acquisite e un vecchio – ma senz’altro sarebbe meglio dire: una tradizione – che traccia un sentiero da non perdere mai di vista, per non correre il rischio di smarrirsi.
|