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Ispirazioni. Alcuni modelli di edizione digitale

La filologia digitale, come pratica dell’elaborazione di edizioni attraverso strumenti e tecniche informatiche, si è costruita nell’ultimo decennio come disciplina con un proprio statuto e una propria metodologia, seppure ancora in fase di vivace discussione.

Sebbene la recente acquisizione – in area tedesca – di una Digitale Editionwissenschaft abbia avuto scarsa eco da questa parte delle Alpi e tra gli addetti ai lavori di antiche osservanze a causa, probabilmente, della stessa nozione di edizione digitale, poco nitida e non priva di ambiguità, non vi è dubbio che ad un primo sguardo l’offerta di fonti e documenti disponibili su supporto informatico possa apparire già abbastanza ricca e, soprattutto, in forte crescita.

Tuttavia, una semplice navigazione fra siti ospitanti riproduzioni di corpora testuali o manoscritti medievali potrà rendere velocemente conto dell’abbondanza di scelte poco rispettose – eufemisticamente parlando – delle tradizionali formulazioni metodologiche e operative:  assenza di pagine introduttive ad illustrazione del progetto, trascrizioni articolate nel segno della libertà interpretativa, riduzione al minimo di apparati e note, impossibilità di reperire nomi e qualifiche del curatore o dei patrocinatori del progetto.

Se si opera una selezione dei materiali disponibili si può dunque prendere facilmente atto di trovarsi di fronte a pubblicazioni di carattere e finalità disparate, spesso condotte a scopo didattico o amatoriale, mentre sul versante delle edizioni critiche o delle trascrizioni documentarie ad uso di ricerca, il numero delle sperimentazioni sembra ridursi drasticamente.

In effetti, stabilendo preventivamente che l’edizione di un testo o di un corpus testuale è operazione assai diversa della sua riproduzione virtuale, il panorama delle realizzazioni scientifiche appare assai povero.

Le grandi e secolari imprese europee, specializzate nella produzione di fonti – un esempio su tutti: i Monumenta Germaniae Historicahanno sinora compiuto scelte prudenti e conservative, proponendo generalmente la riproduzione grafica in formato immagine dei volumi cartacei.

In effetti i Monumenta non si configurano come un’edizione digitale ma piuttosto come la pubblicazione su supporto digitale, in formato HTML ma senza caratteristiche di sofisticata elaborazione, di materiali scientificamente elaborati secondo i parametri della grande scuola tedesca.

 

 

Per una recensione al progetto cfr.

T. Lazzarini, Recensione a MGH, Digital MGH, disponibile on line su Reti Medievali. Rivista, 6(2005) 2.

Dal sito degli MGH si raggiungono direttamente quelli degli istituti di ricerca fratelli: l’Arbeitstelle per l’edizione delle Constitutiones et acta publica presso la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, la Kommission für die Herausgabe der Urkunden Kaiser Friedrichs II presso la Bayerische Akademie der Wissenschaften di Monaco e la sezione della Diplomata-Ausgabe degli MGH di Vienna presso l’Institut für Österreichische Geschichtsforschung.  

Le pagine web dei Monumenta , create nel 1996, ospitano inoltre tutte le informazioni sull’Istituzione  – dalla storia al funzionamento, dagli orari di apertura della biblioteca agli indirizzi dei collaboratori – e in parallelo offrono la possibilità di consultare on line l’indice aggiornato di tutti i numeri della rivista Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters (DA), e di tutte le pubblicazioni di fonti, indicando anche quelle in preparazione con i relativi editori.

 

Sempre sul versante dell’acquisizione in formato digitale di materiale a stampa andrebbero anche citati il Codex Diplomaticus Saxoniae Regiae, un programma avviato dall’Institut für Sächsische Geschichte und Volkskunde di Dresda, il Diplomatarium Norvegicum – un database contenente i ventidue volumi a stampa interrogabile in linea  – e il Codice diplomatico Istriano curato da Fulvio Colombo.

Collegamento esterno al Codex Diplomaticus Saxoniae Regiae

Collegamento esterno al Diplomatarium Norvegicum

Collegamento esterno al Codice diplomatico Istriano

 

Una pagina del Codex Diplomaticus Saxoniae Regiae

Si tratta, ovviamente, di elaborazioni informatiche utilissime, ma scarsamente significative dal punto di vista metodologico e disciplinare, e che rientrano piuttosto nella sfera delle biblioteche e degli archivi digitali.

Se ancora manca, per chi si occupa di documenti medievali, un modello scientifico e operativo prevalente,  si può tuttavia contare su alcune esperienze in corso di notevole qualità, che possono costituire autorevoli punti di riferimento per chi si accinga a realizzare un’edizione digitale seriamente condotta.

Ma anche in questo caso –  e soprattutto in ambiente italiano – ci si accorge come la maggior parte delle edizioni disponibili in versione elettronica si limita a traslocare in ambiente informatico, reimpiantandovelo, il modello tradizionale. 

Nel caso di applicazioni informatiche all’edizione di fonti documentarie che riguardino tute le fasi del processo, dalla codifica alla pubblicazione on line, i progetti di qualche respiro già avviati non sono dunque molti: scorrendo le liste offerte da Ménestrel i lavori più significativi, sono progetti ormai consolidati.

Collegamento esterno a Ménestrel

 

 

 

Médiévistes sur l’Internet. Sources travaux références en ligne Collegamento esterno a Ménestrel

Il sito è nato nel 1997, quando alcuni collaboratori della rivista Le Médiéviste et l’Ordinateur, il primo periodico ad affrontare specificamente il rapporto fra gli studi storici e le nuove tecnologie, sorto nel 1979 e oggi in formato esclusivamente elettronico, hanno deciso di offrire uno strumento di informazione e di orientamento sulle risorse presenti in Internet utili allo studio della storia medievale.

Oggi è un network europeo di studi medievistici, mantenendo sempre tuttavia la specifi cità francofona originaria: è infatti il principale punto di riferimento per chi voglia farsi un’idea delle offerte web relative alla medievistica francese; secondariamente, può essere utilizzato per cercare informazioni affidabili anche su altre realtà, europee e nord-americane.

 

 

Tra questi vanno annoverati FCR (Fontes Civitatis Ratisponensis), indicate da Michele Ansani come l’unico serio tentativo di dar vita ad un modello di edizione digitale pensata esclusivamente in formato elettronico e in grado di integrare i diversi livelli di trattamento elettronico del materiale testuale.

Si tratta di un’ambiziosa iniziativa dell’Università di Graz, curata da Ingo Kropac e da un team organizzato attorno all’ICE (Integrierte Computergestutzte Edition), operativa sin dai primi anni Novanta e connotata da una forte indisciplinarietà.

 

Il progetto, che mira all’edizione di tutta la documentazione – registri delle magistrature municipali, scritture finanziarie, statuti e così via – prodotta dalla Reichstadt di Regensburg fino al 1513, adotta il software KLEIO ideato da Manfred Thaller ma è limitato dall’implementazione di uno standard di codifica incompatibile con SGML e suoi derivati, che ne fa un modello difficilmente esportabile o imitabile.

v. S. Botzem, I. Kropac, Integrated Computer Supported Editing. Approaches and Strategies, in Historical Social Research, 16 (1991) 4, pp. 106-115 e la documentazione del progetto .

 

Merita attenzione anche Le Cartulaire blanc de Saint-Denis, curato da Olivier Guyotjeannin per conto dell’École nationale des Chartes e messo on line nel gennaio del 2003: una  pubblicazione ipertestuale con architettura dinamica più che un’esemplare di edizione elettronica in senso proprio.

 

L’edizione elettronica del Cartulario bianco, è stata presentata da Olivier Guyotjeannin e Gautier Poupeau con i seguenti presupposti:

«La question de l’interopérabilité, essentielle, est bien sûr liée à la question de la pérennité de notre édition. Il ne s’agit pas d’un article de médecine appelé à être caduque quelques mois plus tard, mais bien d’une édition de sources historiques appelée à être encore disponible dans cent ans. Il était donc indispensable pour nous de mener une réflexion pour assurer la pérennité de notre contenu, son interopérabilité avec les futures machines ou son portage vers d’autres supports que le Web, comme le papier ou les futurs e-book par exemple»,

O. Guyotjeannin, G. Poupeau, Le projet d’édition électronique du Cartulaire blanc de l’abbaye de Saint-Denis et les projets électroniques de l’École nationale des chartes, in Le médiéviste et l’ordinateur, 42 (printemps 2003), pp. 93-99: 97.

Corredato da numerosi materiali – cartine, fotografie, genealogie, in un’ampia prospettiva ipertestuale – il progetto soffre un grave limite, intrinseco alla stessa codifica adottata: i testi non sono infatti marcati con linguaggio XML – non sono dunque ricercabili – e si presentano con note d’apparato, d’altronde poche, a piè di pagina.

 

 

Raimondo Lullo

Per l’epoca mediolatina e umanistica, le edizioni su internet sono piuttosto numerose: tra i prodotti migliori vanno citati il Planctus di Guglielmo Lungaspada, i trattati elettorali di Raimondo Lullo, il Tractatus de captione urbis Brandeburg di Enrico di Antwerpen, il De hominis dignitate di Pico della Mirandola.

Collegamento esterno al Planctus

Collegamento esterno ai Trattati elettoraliCollegamento esterno al Tractatus de captione

Collegamento esterno al De Hominis Dignitate

Il De Hominis Dignitate

Circolano anche anche saggi di testi in lavorazione, come la Panormia di Ivo di Chartres, il De interpretatione di Noker Labeone, le raccolte canonistiche di Benedetto Levita curate da Hartmann e Schmitz per gli MGH.

Per l’umanesimo avanzato il De motu locali di Galileo curato da Peter Damerow e Jürgen Renn.

Collegamento esterno alla Panormia

Collegamento esterno al De interpretazione

Collegamento esterno alle Raccolte Canonistiche

Collegamento esterno al De motu locali

Si tratta, evidentemente, di proposte diverse sul piano delle scelte filologiche o dell’organizzazione dei materiali, ma nel complesso indirizzate verso l’interesse per la digitalizzazione repertoriale di dati già esistenti piuttosto che alla produzione di testi critici in formato digitale.

Allo stesso universo appartengono le tecniche che la filologia applica, ad esempio, allo studio di autografi come lo Zibaldone Laurenziano di Boccaccio, curato a Roma dal gruppo diretto da Raul Mordenti, che insiste in profondità sui dati specificamente grafici, codicologici, paleografici e iconografici dei manoscritto come opera d’autore.

Tra le realizzazioni più spettacolari, soprattutto dal punto di vista grafico, va sicuramente annoverato il Beowulf Elettronico di Kevin Kiernan: un’opera fondamentale, sia per le applicazioni della filologia digitale che per la felice sperimentazione di un’edizione testo-immagine compatta e coerente, tanto da aver dato luogo al fenomeno di quasi-mitizzazione del suo curatore.

L’edizione è disponibile su CD-ROM; on line si trova però una corposa introduzione al progetto e una guida .

 

La ricerca, che ha previsto la digitalizzazione del manoscritto Cotton Vitellius A XV della British Library di Londra, è stata inizialmente pubblicata nel 1993: già in quell’anno la riproduzione fornita veniva infatti considerata uno strumento di consultazione migliore dello stesso manoscritto, che aveva subito ingenti danni nell’incendio del 1731 e nel restauro successivo, perché permetteva di leggere alcune lettere oscurate dalla rilegatura, consentendo significativi miglioramenti nello studio dei processi di trascrizione.

Tra il 2001 e il 2003 sono state inoltre aggiunte all’edizione iniziale trascrizioni del XVIII secolo e la prima edizione del 1815, nonché una splendida trascrizione diplomatica con immagine a fronte.

L’analogo italiano del Beowulf Elettronico è il Vercelli Book Digitale, nato di recente per iniziativa di Roberto Rosselli Del Turco.

Collegamento esterno al Vercelli Book Digitale

L’edizione, che ruota attorno al codice 107 della Biblioteca Capitolare di Vercelli – un manoscritto di 136 carte ben conservate che contiene 23 omelie in prosa e sei poemi allitterativi anglosassoni, redatto alla fine del X secolo e portato a Vercelli nell’XI probabilmente come dono di un pellegrino –  si segnala nel panorama italiano per la molteplicità delle forme di visualizzazione e di consultazione dei materiali previsti: il tipo testo/testo (testo antico e fonti), l’edizione diplomatica e quella critica, il tipo manoscritto/edizione diplomatica o la visualizzazione del solo manoscritto.

La versione preliminare presenta una schermata divisa in tre aree: asse graduato per lo zoom, immagine centrale, fascia bassa con miniature delle pagine successive e barra di navigazione verticale, mentre la versione sperimentale avanzata, che contiene già la trascrizione del manoscritto – ora secondo lo standard TEI – mostra anche le possibilità di consultazione del corredo erudito.

La panoramica sin qui condotta lascia comunque l’impressione che i risultati più importanti, quelli in cui la differenza specifica dell’edizione digitale è particolarmente vistosa, siano stati raggiunti in casi dove il rapporto fra i manoscritti e i testi editi è di uno a uno, o perché il codice è unico o perché l’edizione è proceduta manoscritto per manoscritto.

È su questo terreno che si è potuto aprire un dialogo produttivo fra filologia digitale dei testi ed edizione documentaria condotta attraverso le tecniche della codifica digitale, ossia l’applicazione dell’informatica alla diplomatica e alla ricerca storica.

Su questa scia si è mosso, ad esempio, il recente progetto del VHL (Virtual Humanities Lab), un laboratorio virtuale per le Discipline Umanistiche promosso dalla Brown University col sostegno del Dipartimento di Studi Italiani

Suoi principali obiettivi sono la costruzione di un ambiente redazionale in linea, dotato di un motore di ricerca, per l’edizione di testi primari, e la codifica semantica dei testi, basata sulla collaborazione in linea numerosi studiosi. Attualmente il gruppo che compone il VHL sta lavorando sulle Esposizioni di Giovanni Boccaccio, la Nuova Cronica Fiorentina di Giovanni Villani e le Conclusiones Nongentae di Giovanni Pico della Mirandola, codificati mediante marcatura XML.

In questo campo tuttavia l’esperienza più significativa resta, senza ombra di dubbio, il Codice Diplomatico Digitale della Lombardia Medievale: un progetto che consorzia le università lombarde diretto da Michele Ansani, ispirato a criteri di rigore scientifico e ad un approccio non concentrato sui software ma sulla salvaguardia e la traduzione informatica delle consolidate tecniche di edizione documentaria.

La prima messa in rete risale al 2000; nel 2005 il progetto è stato rinnovato, a seguito di una profonda ristrutturazione, sia nelle procedure di lavoro che nell’architettura del sito.

Il lavoro, che ha coinvolto numerosi ricercatori, è stato in grado di dimostrare come un reale plus-valore di un’edizione elettronica non coincida con una maggiore rapidità nelle procedure di pubblicazione o consultazione, ma piuttosto, in una maggiore trasparenza delle procedure critiche, una maggiore consapevolezza e responsabilità dell’editore, nonché nella possibilità di contemperare molteplici livelli di accesso alla documentazione calibrati tanto sulle esigenze della ricerca quanto sulle strutture documentarie.

Nel solco della tradizione, lo schema adottato è stato pertanto quello del codice diplomatico territoriale, con correzioni d’impianto rispetto al modello tradizionale  dovute all’architettura ipertestuale: nelle parole dello stesso Ansani, con il CDLM si è inteso infatti

mettere progressivamente a disposizione degli studiosi – riproponendo nella nuova forma digitale edizioni già note, avviando nuovi cantieri, proseguendo nella ricerca di materiali inediti o poco conosciuti –, in un unico ambiente e con alcuni indispensabili strumenti di ricerca, la documentazione d’archivio prodotta, conservata e tramandata da chiese e monasteri ‘lombardi’ o proveniente (ma a noi giunta soprattutto attraverso gli archivi di quelle stesse chiese e di quei monasteri) dalle cancellerie delle massime autorità politiche e religiose e dai comuni cittadini fra l’VIII e il XII secolo,

dalla Presentazione del progetto.